nasce il 16 ottobre 1906 a San Pellegrino (Belluno) nella villa di proprietà in cui la famiglia è solita trascorrere le vacanze estive. La residenza dei Buzzati Traverso èinfatti a Milano, dove Dino, terzo di quattro fratelli, abiterà per tutta la vita. Durante l’infanzia studia pianoforte e violino, e a 10 anni entra al Ginnasio Parini: in quella scuola, che frequenterà fino al conseguimento della maturità, conosce Arturo Brambilla, il suo più grande amico, cui rimarrà legato per sempre. Con lui divide la passione per la scrittura, il disegno e la montagna, tre punti fermi della sua esistenza di uomo e di artista. A 14 anni perde il padre, colpito da un tumore al pancreas; la scomparsa lo scuote profondamente mettendolo per la prima volta a contatto con la morte che diventerà uno dei temi centrali della sua poetica. Finito il liceo si iscrive alla facoltà di Legge all’Università di Milano. Due anni più tardi, nel 1926, chiamato a svolgere il servizio militare, entra alla scuola allievi ufficiali della caserma Teuliè. Dopo il congedo presenta regolare domanda d’assunzione al «Corriere della Sera» dove fa il suo ingresso il 10 luglio 1928: vi lavorerà fino alla morte (tranne una breve parentesi dopo la fine della seconda guerra mondiale), ricoprendo vari ruoli, da redattore a corrispondente di guerra, da inviato a elzevirista della Terza Pagina a cronista d’arte. Nel 1933 pubblica il suo primo romanzo «Bàrnabo delle montagne», accolto favorevolmente dalla critica, cui seguirà due anni dopo «Il segreto del Bosco vecchio». Nell’aprile 1939 parte per Addis Abeba con il compito di raccontare ai lettori del «Corriere» la nuova colonia italiana. Prima della partenza consegna a Leo Longanesi il manoscritto de «Il deserto dei Tartari» il romanzo più famoso, considerato il suo capolavoro.
Richiamato alle armi dopo essere tornato in Italia per un breve congedo a causa di un attacco di tifo, si imbarca sugli incrociatori Fiume e Trieste, seguendo, a rischio della vita, le battaglie di Capo Teulada, Capo Matapan e della Sirte. Nel 1943 esce la raccolta di racconti «I sette messaggeri» che segna il cambio di editore da Rizzoli a Mondadori. Lo stesso anno, su richiesta della direzione del «Corriere della Sera», rientra a Milano e continua a lavorare in via Solferino anche dopo l’armistizio dell’8 settembre, scelta che gli procurerà critiche di collaborazionismo. Il 25 aprile 1945, però, su insistenza di Gaetano Afeltra, anziché essere messo al bando insieme con gli altri giornalisti allineati alle posizioni degli occupanti, èchiamato in redazione: sarà lui a scrivere l’articolo «Cronaca di ore memorabili» sulla liberazione di Milano, che il giorno dopo apparirà, non firmato, in prima pagina. Da quel momento il «Corriere» cessa le pubblicazioni tornando in edicola regolarmente soltanto il 7 maggio 1946. Durante quel periodo Buzzati, che nel frattempo ha lasciato la redazione di via Solferino, fonda con Gaetano Afeltra, Bruno Fallaci e Benso Fini un nuovo quotidiano, «Il Corriere Lombardo», dove lavorerà fino al novembre 1946 quando tornerà al «Corriere della Sera».
Intanto, accanto al lavoro quotidiano di giornalista che da questo momento lo porterà a seguire da inviato i grandi fatti di cronaca che segneranno gli anni del dopoguerra, prosegue la sua attività di scrittore. Dopo la pubblicazione in volume de «La famosa invasione degli orsi in Sicilia», una favola illustrata per bambini, uscita a puntate sul «Corriere dei Piccoli» (1945), arrivano in libreria la raccolta di racconti «Paura alla Scala» (1949) e la raccolta di prose, abbozzi, pagine diaristiche «In quel preciso momento» (1950). Nello stesso anno diventa vicedirettore della «Domenica del Corriere», incarico che manterrà fino al 1963, dando un’impronta personale al settimanale popolare e riportandolo agli antichi splendori.
Nel 1953 viene rappresentato al Piccolo Teatro di Milano «Un caso clinico», pièce con la regia di Giorgio Strehler, che Buzzati ha tratto dal suo racconto «Sette piani», pubblicato anni prima su «La Lettura». Due anni dopo, con il titolo «Un cas intéressant», verrà presentata a Parigi nella traduzione di Albert Camus, con cui l’autore stringe un rapporto di amicizia. La scrittura del racconto musicale «Ferrovia sopraelevata» dà il via alla collaborazione con il musicista Luciano Chailly: insieme scriveranno altre opere («Procedura penale», «Il mantello» ed «Era proibito», tra il 1959 e il 1963). Nel 1958 vince il Premio Strega con la raccolta «Sessanta racconti» e tiene a Milano la prima mostra personale di pittura «Le storie dipinte». Firma anche il bozzetto e i costumi di «Jeu de cartes» di Igor Stravinskij che va in scena alla Scala l’anno successivo. Pubblica a puntate sul settimanale «Oggi» il romanzo fantascientifico «Il grande ritratto» cui seguirà nel 1963 «Un amore» che per il realismo della storia suscita tra critici e ammiratori discussioni a polemiche.
Inizia un periodo di viaggi come inviato del «Corriere della Sera», prima in Giappone, poi a Gerusalemme e a Bombay, a seguito di papa Paolo VI. Va prima a Praga e poi a New York, dove entra in contatto con gli artisti della Pop Art. Nel 1965 pubblica il suo primo libro di versi «Il capitano Pic e altre poesie», e l’anno successivo sposa Almerina Antoniazzi, conosciuta sei anni prima. Assume l’incarico di critico d’arte per il «Corriere della Sera» e vara la pagina settimanale «Il mondo dell’arte» che curerà fino alla morte. Nel 1969 esce «Poema a fumetti», rivisitazione in chiave Pop Art del mito di Orfeo ed Euridice, e l’anno successivo realizza per una galleria d’arte di Venezia una serie di ex voto immaginari che verranno successivamente raccolti in un volume dal titolo «I miracoli di Val Morel»: insieme con la raccolta di racconti «Le notti difficili» sarà il suo ultimo libro.
Il 28 gennaio 1972 Dino Buzzati muore alla clinica «La Madonnina» di Milano per un tumore al pancreas.